giovedì 4 dicembre 2008

Pierpaolo De Mejo, un regista eccellente



Intervista esclusiva realizzata il 4 Dicembre 2008 da Ilaria Solazzo a Pierpaolo De Mejo per ‘castzine’.

Pierpaolo De Majo ha studiato regia e sceneggiatura cinematografica all’Università di Roma Tre, dove si è laureato nel 2008 con tesi sul metodo Stanislavskij e sul metodo Alder. Parallelamente agli studi universitari, ha lavorato in teatro come attore.
Ha esordito accanto al padre nel 2002 con il “Macbeth” di W. Shakespeare.
Dal 2005 dirige ed interpreta diversi cortometraggi.
Nel 2007 ha fondato assieme ad altri artisti una compagnia teatrale che porta il nome di sua nonna Alida.
Nel 2008 ha realizzato “Come diventai Alida Valli” un film documentario sull’attrice italiana presentato al Festival Internazionale del Cinema di Roma 2008.




D. Spieghiamo ai lettori di ‘Intervistando’ quando e come è nata in te questa passione per l’arte?
R. La famiglia conta molto nella formazione culturale e nello sviluppo della sensibilità di un individuo e sotto questo punto di vista sono stato molto fortunato. Devo molto a mio padre se nel mio caso, assieme ai cartoni animati ed alle partite di pallone sotto casa, fin da piccolo ero abituato a vedere giornalmente e con entusiasmo i grandi classici del cinema. Da Chaplin e Keaton ai film italiani dei telefoni bianchi, dall’Espressionismo tedesco ed il Neorealismo ai classici hollywoodiani, da Welles e Hitchcock a Kurosawa, Kubrik, fino a Coppola e Scorsese. Tanto, tanto cinema e non ne avevo mai abbastanza. Vedevo sempre qualcosa di misterioso e di magico nei volti degli attori, nei dialoghi, nelle scene. Poi crescendo ho intrapreso la mia strada e dopo il liceo ho studiato Storia del Cinema e Regia cinematografica nella mia città, Roma.
D. Perché hai voluto girare un film su Alida Valli?
R. Per tanti motivi connessi tra loro. Innanzitutto perché, ad un anno dalla scomparsa di mia nonna, ho avuto paura che la sua figura, così riservata e poco appariscente nel corso della sua esistenza, andasse gradualmente sparendo nell’immaginario collettivo. Viviamo ormai in un mondo dove regna la politica del successo facile e fugace. Il messaggio televisivo è chiaro: chiunque può arrivare alla notorietà, non servono capacità intellettive o artistiche, basta sapersi vendere. In questo panorama degradante, è facile che tutto si mischi creando un enorme caos, in cui le persone che hanno avuto o hanno davvero importanza e valore, vengano ignorate, dimenticate in favore di personaggi protagonisti di insulse liti televisive e programmi dai bassi contenuti che non fanno altro che creare falsi miti de anestetizzare il pubblico a casa.
Un altro motivo nasce dal bisogno di raccontare il mio affetto verso una persona così importante nella mia crescita.. Insomma, un viaggio alla riscoperta ed alla scoperta delle mie origini.
D. Essendo figlio d’arte diventare anche tu attore e regista come tuo padre e
come tua nonna ha rappresentato una sfida con te stesso?
R. E’ una sfida tutt’ora. Oggi non so ancora bene cosa voglio dalla vita. Né tantomeno ho avuto conferma assoluta di possedere delle potenzialità valide. Non mi sento ancora pronto per definirmi in un mestiere. Sono molto autocritico e cerco continuamente di mettermi alla prova.
D. Quali privilegi si hanno quando si appartiene ad una famiglia di nomi illustri?
R. In generale, tanti. Lo ha anche detto Alessandro Gassman di recente. Ma nel mio caso specifico i privilegi non sono tanti quanto la gente potrebbe pensare. Mia nonna e mio padre hanno sempre vissuto concentrandosi solo ed esclusivamente al loro difficile mestiere di interpreti, senza pensare ad accaparrarsi “spicchi di terreno”. Inoltre mia nonna si è ritirata dalle scene proprio mentre iniziavo il mio percorso di formazione e mio padre, che ha avuto il suo successo negli anni ’70, non ha mai avuto uno spirito “imprenditoriale” nel campo. Raccomandazioni, se ne avessi, forse non sarei neanche in grado di sfruttarle. Riesco ad appassionarmi alle cose che faccio solo quando sento di meritarle davvero. Ho un nome alle spalle, certo, ma oggi devo contare soprattutto sulla mia forza di volontà. Di difficoltà ne incontro quotidianamente anch’io come tutti. Basti pensare che è più di un anno che stiamo cercando con fatica una sede per conservare l’enorme ed incredibile patrimonio di documenti ereditati da mia nonna. E anche il documentario che ho realizzato è stata una sfida iniziata dal nulla che ho portato avanti solo grazie all’aiuto delle persone che hanno creduto al progetto.
D. Dal punto di vista produttivo, come ti sei organizzato per realizzare il tuo ultimo progetto? Quanto è costato il film? Chi ha scelto troupe e cast ?
R. Abbiamo realizzato il film grazie al contributo dell’IMAIE ed è costato molto poco. Non c’erano grosse spese da affrontare e poi, essendo un’opera molto personale, mi sono rivolto ai miei più cari amici che, da veri artisti quali sono, hanno prontamente contribuito all’opera con bravura e passione. Ognuno ha aggiunto qualcosa di sua competenza senza anteporre questioni economiche. Con Antonio Tarallo ho lavorato alla sceneggiatura, con Armando Valletta (che ha composto anche le bellissime musiche) al montaggio, Chiara Graziano ha fatto l’aiuto regia ed ha curato alcune riprese. Le voci fuori campo sono di Valentina Taddei e Maurizio Pulina, due bravissimi attori, anche loro miei amici di vecchia data. Senza l’aiuto di tutti loro non ce l’avrei mai fatta ed è proprio a loro che va il mio ringraziamento.
D. In che rapporto vedi il tuo film con altri esperimenti del genere prodotti da altri tuoi colleghi?
R. Credo che il mio sia stato un viaggio affrontato in modo molto particolare nel riscoprire una persona cara. Ho unito l’autobiografia di mia nonna (che abbiamo ritrovato in un cassetto), le foto ed i filmini privati assieme ai ricordi di me e mio padre, di Lina Wertmuller, Piero Tosi e Giuseppe Rotunno. Dal punto di vista registico ho usato più cuore che tecnica ma credo che per il progetto, una cosa del genere fosse essenziale.
D. In che modo la tua opera arriverà ad una distribuzione di massa?
R. Stiamo entrando in contatto con alcune realtà distributive ed alcuni Festival esteri ci hanno chiesto la proiezione. Ma è ancora un terreno aperto, cercheremo di dare al film la giusta visibilità.
D. Il tuo rapporto con tua nonna com’era?
R. Bellissimo, come dovrebbe essere di norma per ogni nipote. Era una persona molto umile con cui potevo parlare di tutto. Solo crescendo mi sono reso conto della sua importanza come artista e ho trovato in lei una fonte inesauribile da cui assorbire maggiori conoscenze del campo. Tutto il resto (il mito, il successo, le passerelle) conta poco per me quanto contava poco per lei. Era semplicemente mia nonna, è questo quello che conta. Quando c’è l’affetto di mezzo, ogni altra cosa passa in secondo piano.
D. C’è un’artista del passato che ha influenzato la tua formazione?
R. Più di uno. Fin da piccolo, Charlie Chaplin è un mio idolo (ho visto “il monello” un centinaio di volte non mi stanco mai di rivederlo), così come Buster Keaton. Poi crescendo ne ho trovati altri: Kubrik e Welles su tutti. Per quanto riguarda la recitazione (dirò una banalità!), Marlon Brando. Recitava anche con la schiena e mi sono talmente focalizzato sulle sue interpretazioni che le ho prese in analisi nella mia tesi di laurea. Oggi seguo molto due attori straordinari: Johnny Depp e Benicio Del Toro.
D. Se non si è economicamente forti si può dar vita ad un cortometraggio oppure ad un lungometraggio?
R. Il digitale ha aperto possibilità che qualche anno fa erano impensabili. Oggi un giovane cineasta può realizzare un cortometraggio non senza difficoltà ma con pochi soldi e con dei tempi di realizzazione relativamente ristretti. Per il lungometraggio non mi sento di dire la stessa cosa. Richiede dei tempi di lavorazione e dei costi maggiori e se viene realizzato a costo zero, il rischio è quello di tralasciare il discorso qualitativo. Non è escluso però che una troupe composta da persone in gamba ed una buona idea di base possano dar vita ad un opera lodevole. Il problema fondamentale rimane comunque quello della distribuzione.
D. Cosa suggerisci ai giovani cineasti che hanno voglia di fare un film ma non hanno un produttore che li sostenga?
R. Volere è potere. Ci vuole tanta forza di volontà e convinzione nei progetti che si affrontano. Oggi la realtà cinematografica italiana offre poche possibilità ai filmaker che voglio autoprodurre una propria opera. Bisogna avere molta inventiva e sapersi anche arrangiare (non dimentichiamoci che il Cinema è fatto da artigiani!), però allo stesso tempo non si devono trascurare i dettagli, la storia, i personaggi, la recitazione e tutti quegli elementi che risultano fondamentali per la costruzione di un film. Consiglierei a tutti di iniziare con il cortometraggio e poi fare esperienza sul campo, magari come aiuto regista. Poi, col tempo, conoscere persone valide e fidate con cui collaborare e gettare le basi per la realizzazione dei propri progetti. E poi ci vuole anche tanta fortuna! Ma sono sicuro che se si è bravi e preparati prima o poi l’occasione arriva per tutti.
D. Cosa ti affascina di più della recitazione?
R. E’ un mondo magico. Dare vita a personaggi reali e di fantasia, usare la propria immaginazione, trasmettere emozioni al pubblico, ma soprattutto lavorare su se stessi. E’ qualcosa che non capita in tutti i mestieri. Sono convinto che per recitare serva soprattutto il cuore, la capacità di provare emozioni. Non mi piacciono gli attori che usano solo la tecnica. La tecnica è fondamentale, va affinata, ma è un mezzo al servizio delle proprie emozioni. Mai enfatizzare l’azione sulla scena per cercare di mostrare la propria bravura tecnica e per far colpo sullo spettatore. Cito il grande attore Martin Landau: “Solo l’attore mediocre si sforza di piangere. Il grande attore si sforza per non piangere”.
D. Il filone cinematografico che prediligi è?
R. Non c’è un filone che prediligo in particolare, amo i film che abbiano una storia e dei personaggi interessanti da raccontare. I filoni possono essere bellissimi o pericolosi a seconda delle situazioni. Adoro ad esempio i film gialli, horror e polizieschi del Cinema di genere degli anni ’70 ed ’80, perché hanno dato spazio a grandi autori “artigiani”, solo oggi rivalutati, del nostro Cinema, ma ad esempio interromperei il filone giovanilistico - scolaresco degli ultimi anni: rivela una quasi totale assenza di contenuti e troppa attenzione al botteghino. Non dimentichiamoci che il Cinema è fatto di incassi, ma soprattutto di storie.
D. Hai lavorato da solo alla costruzione del tuo personaggio?
R. Nessun personaggio, sono quello che sono. Timido e riservato. Cerco sempre di affrontare tutto con umiltà.
D. Hai altri progetti in cantiere, ce ne vuoi parlare?
R. Con l’Associazione Alida Valli, di cui sono Presidente, come già detto, stiamo lavorando assieme al Comune di Roma per reperire degli spazi utili alla conservazione del materiale. Poi c’è ancora in ballo il progetto di far uscire la prima biografia ufficiale su mia nonna. Realizzare un film sulla sua vita, magari per la tv, rimane per ora un sogno, ma non è detto che sia irrealizzabile. Per quanto riguarda me singolarmente, in questo momento ho una grande confusione di idee in testa. Sto scrivendo la sceneggiatura di un cortometraggio da realizzare nel 2009 e poi vorrei tornare a lavorare in Teatro con la mia compagnia.
D. Cosa ti aspetti dal futuro?
R. Mi basta poco. Vivere la mia vita serenamente, essere sempre circondato dalle persone a cui voglio bene e affrontare ogni cosa con entusiasmo.
D. Tra 10 anni come ti immagini?
R. E’ una domanda che mi faccio spesso e non mi so dare nessuna risposta. Potrebbe succedere di tutto. Forse è giusto che viva almeno per un pò nel dubbio, nell’attesa. E’ uno degli aspetti di questo mestiere.
D. Da 1 a 10 che voto dai a quest’intervista? Per quale motivo?
R. 10+ perché mi sono divertito molto. Spero di non aver detto troppe stupidaggini.
D. Lascia un tuo originale saluto rivolto ai lettori di ‘Intervistando’.
R. Cari amici di “Intervistando” guardate tanto bel Cinema e andate a teatro. Ci vediamo in sala.