sabato 22 marzo 2008

Vittorio Di Rocco eccellente coreografo italiano all’ Opera di Nizza





Intervista esclusiva realizzata il 22 Marzo 2008 da Ilaria Solazzo a Vittorio Di Rocco per 'castzine'.


Vittorio Di Rocco eccellente coreografo e danzatore italiano nel 1990 si diplomò presso il "Centro di Danza Internazionale di Rosella Higthower" a Cannes.
L’anno successivo lavorò come ballerino solista con la compagnia di Pamela Plaire a Limoges e sempre nel 1991 vinse il premio d’interpretazione al Concorso Wolinnine a Parigi.
Nel 1992 entrò al Grand Théatre di Limoges sotto la direzione di Alain Wata e nel 1993 lavorò a Bordeaux sotto la direzione di Vladimir Skourattof per Mr.Savary.
Dal 1993 al 1997 lavorò al Teatro di Erfurt in Germania, direttore Jurgen Heiss.
In quel periodo cominciò la sua attività di coreografo.
Successivamente fu ingaggiato all’Opera di Nizza sotto la direzione di Marc Ribaud dove si cimentò in stili diversi: N.Christe, R.Wherlock, J.Cranko, Y.Vamos, M.Naisy, R.North, Mauricio Wainrot, Hans Van Manen, Morice Béjart.
L’ultima sua creazione, per il Balletto dell’Opera di Nizza, “Issue de Secours” nacque dalla collaborazione con un giovane musicista,
Samson Gazagnes “BPITCHCONTROL-BERLINO”.
Per Balletto ’90 diretto da Paola Catalani, nel mese di Giugno del 2005 creò per la prima volta in Italia, “Open Source”.
In Italia insegna presso lo I.A.L.S. e il centro A.I.D. di Roma, tiene seminari in tutta Europa ed è coreografo residente presso l’Opera di Nizza, diretto da Marc Ribaud e il Jeunes Ballet de Cannes, diretto da Monique Loudières.

D. Quanti anni aveva quando ha incominciato a danzare?
R. Ho iniziato la danza all’ età di 11 anni.

D. Quali studi ha seguito per diventare un numero uno nel suo campo?
R. A Fossano, (Cuneo), dove sono nato, ho mosso i miei primi passi grazie a Mirta e Marcello Aulicio provenienti dal Teatro Colon di Bueno Saires.
All’ età di 14 anni passo il concorso di ammissione al Centre de Danse International Rosella Higthower a Cannes dove mi diplomo all’ età di 18 anni.

D. Cos’è per lei la danza?
R. Riassumerei la risposta con queste poche righe:
“Il pensiero diventa movimento e azione ed è il corpo che parla e racconta la mia storia,
i miei sentimenti, le mie emozioni. Ognuno di noi ha una storia e sono appunto queste storie che raccontano la storia dell'uomo. "

D. Tra i suoi insegnanti chi è quello che l’ha resa a suo parere un valido professionista?
R. Naturalmente in primis, Mirta Aulicio, perché è stata capace di trasmettermi il suo Amore per questa arte, riusciuscendo ad andare oltre al semplice lavoro tecnico, insegnandomi a liberarmi dalle mie paure e vergogne.
La spiritualità che risiede in ognuno di noi, si insidia nel più profondo del nostro Essere e credo che sia necessario liberarla nella più giovane età, questo lo devo a lei e anche a mia Madre che attraverso il suo sostegno a reso possibile che tutto ciò si realizzasse!
Un grandissimo ricordo lo porto anche per il Maestro Josè Ferrand, (centre International de Danse Canne), il suo metodo d’ insegnamento ha forgiato il mio lavoro tecnico.
La precisione e la dinamica della sua tecnica hanno fatto di lui uno dei migliori insegnanti che la danza abbia mai avuto.
Mi ritengo veramente fortunato ad aver avuto la possibilità di averlo come Maestro!
Jurgen Heiss, (discepolo del grande Maestro Jhon Cranko), perché possedeva le qualità di Coreografo e Regista, con lui non era mai solo la danza, e non era mai solo l’ interpretazione.
Le sue creazioni richiedevano un’ altissimo livello tecnico e la preparazione psicologica di un attore, lavorare con lui è stato molto interessante e veramente appassionante!

D. Come trova la situazione della danza contemporanea in Italia?
R. Non molto bene, a dir poco disastrosa!
In Italia, secondo me, c’è molta confusione quando si parla di danza contemporanea spesso ci si rende conto che altre discipline ne vengono a far parte mescolandosi nel già regnante grosso pentolone che bolle.
I continui tagli alle sovvenzioni delle compagnie private e teatri, la distribuzione spesso inadeguata dei pochi fondi che restano, giustificano in parte il disastroso panorama artistico, attuale, nel nostro paese.

D. Insegnare allo IALS per tanti è un punto d’arrivo, per lei, invece, cosa rappresenta?
R. Insegnare presso lo IALS di Roma è certamente un’ esperienza interessante, non la definirei certamente come punto d’ arrivo, ma più che altro come veicolo motorio, un’esperienza nuova che probabilmente sviluppa la capacità dell’insegnante a sapersi adattare in situazioni non omogenee e a allievi tecnici, che spesso, cambiano ogni giorno.
Nell’ ambito dell’insegnamento della Danza in Italia, in questo tipo di strutture, lo IALS resta in ogni modo un punto di riferimento dove moltissimi artisti hanno sia la possibilità di studiare varie discipline, che la possibilità di farsi notare e trovare ingaggi di lavoro.

D. Che rapporto ha con i suoi allievi? E con i suoi colleghi?
R. Al principio si tenta sempre di mantenere le distanze e di non dare troppa confidenza a nessuno, poi ci si rende conto che per quanto si tenti di porre queste barriere si legano rapporti amicali e affettuosi.
Io penso che se si lavora in armonia, si lavora meglio, il fattore rispetto è vitale ognuno di noi deve esserne cosciente, credo questo sia importantissimo.
Per quanto riguarda i miei colleghi, la vedo nello stesso modo, come in tutti gli ambiti professionali può capitare che si creino situazioni di tensione, alle volte non è stato facile…odio sprecare le mie energie per fare la guerra.

D. Per la creazione di uno spettacolo è importante avere danzatori tecnicamente preparati?
R. Certamente, ma preparati per il mio tipo di lavoro può voler dire non abbastanza preparati per quello di un’ altro coreografo e vice versa!
Alla base di ogni buon artista, ci deve essere una formazione generale solida e polivalente,
oggi un ballerino non può più permettersi di studiare una sola disciplina.
In seguito entrano in gioco tanti altri fattori, le capacità fisiche, la capacità di saper lavorare in gruppo, l’iniziativa personale del singolo artista, l’adattarsi rapidamente ad un nuovo stile di lavoro, la capacità di apprendere rapidamente le nuove coreografie, pur troppo i tempi di prova sono sempre più ristretti a si chiede troppo spesso l’ impossibile, il che troppo sovente va a discapito della qualità del lavoro.

D. Il programma ‘Amici’ di Maria De Filippi trova che sia fondamentale per chi vuole lavorare nei musical?
R. Non direi necessariamente fondamentale, ma potrebbe essere un punto di partenza.
L’Italia sfortunatamente per la nuova generazione è il paese d’Europa dove la televisione sta portando via tantissimi giovani dalla lettura, dalla musica, dalla pittura ecc.
Credo che troppo spesso l’informazione che riceviamo dai media non siano esattamente giuste o leggermente errate.
L’informazione che riceviamo va a lavorare troppo spesso sull’illusione che i giovani si possono fare di certe determinate situazioni artistiche, quindi si generano dei miti o artefatti che in realtà non sono reali.
Certamente grazie a questo tipo di trasmissioni, la danza è arrivata direttamente a casa di ogni italiano, molti dei quali ,sicuramente prima, ne ignorava addirittura l’esistenza a livello professionale.

D. La sua famiglia sostiene il suo lavoro?
R. Se non fosse stato così, non avrei avuto oggi, la fortuna di poterne parlarne!

D. Quali requisiti occorrono per potersi definire degli insegnanti di danza?
R. Secondo me troppi da poterli elencare qui in questo momento, ne citerei alcuni che personalmente ritengo essenziali: per prima cosa in assoluto la Generosità e l’Amore , sotto ogni sua possibile forma. Ma pur troppo solo questo non basta.
Esperienza Professionale, Esperienza Professionale, Esperienza Professionale.
Capacità d’osservazione e analisi di ogni singolo allievo, nel caso in cui si parla di propedeutica,
l’insegnamento a questo livello dovrebbe essere riservato a docenti specializzati con ottime conoscenze di anatomia del corpo umano, in modo da non recare danno ai bambini in crescita.
Se si parla dell’ insegnamento a professionisti o adulti, credo che aver terminato una bella carriera senza frustrazioni o desideri non realizzati aiuti certamente ad essere un buon insegnante disposto e generoso verso il prossimo.

1 commento:

  1. Leggendo l'intervista, mi sono addentrata, come non mai, nelle profonde riflessioni di Vittorio Di Rocco cogliendone il tenace amore e non solo, verso questa difficile professione. E' qui evidente la capacità conoscitiva dei problemi intrinsechi alla Danza che non è spettacolo fine a se stesso, ma profonda conoscenza del corpo e della sfera emotiva che spinge un giovane a proporsi in questo settore, che purtroppo in Italia non ha ancora raggiunto il suo giusto riconoscimento. Per Vittorio il pensiero, l'emozione, la sua stessa storia diventa movimento e azione ed il corpo parla per lui. Bellissimo compendio di spirito e materia.
    Ada Firino

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