lunedì 14 gennaio 2008

Alessandro Berselli, uno scrittore esimio


Intervista esclusiva realizzata il 14 Gennaio 2008 da Ilaria Solazzo ad Alessandro Berselli per `castzine´.

Alessandro Berselli, è un uomo bolognese di 43 anni, nato sotto il segno del sagittario.
Autore del romanzo "Io non sono come voi" pubblicato nel 2007 da Pendragon, ha scritto due libri, sei racconti e tre sono in uscita.

D. Negli anni in cui lei si è formato culturalmente quali libri circolavano?
R. Alcune cose venivano dalla scuola, i classici del novecento per esempio, Kafka, Mann, Joyce, altri invece facevano parte della mia curiosità di lettore che si muoveva in modo autonomo nelle librerie.
E così sono arrivati i minimalisti americani, Breat Easton Ellis su tutti, (AMERICAN PSYCHO) ma soprattutto i racconti , Stephen King, Bukowski, parecchia roba della controcultura.
Sono stato un lettore disordinato, ho letto molto, ma senza nessuna linea guida.
Prendevo quello che mi interessava.
D. Quando ha cominciato la sua attività di scrittore?
R. Potrei dire che scrivo da sempre.
Prima procedendo per tentativi, poi in modo più organizzato con l'approdo al ‘NOIR’ nel 2003. Avevo scoperto quella che io chiamo ‘La follia del quotidiano’, il fatto che i delitti più efferati venissero maturati in situazioni apparentemente tranquille, pensa a Cogne, o a Garlasco, e volevo che la mia narrativa parlasse di queste cose.
Di gente che a un certo punto decide che non ci sta più nella propria quotidianità, e quindi inizia ad uccidere.
D. La riscoperta delle nostre radici culturali, delle nostre tradizioni sono importanti per lei?
R. Sicuramente sì, anche se come ti ho detto credo che la formazione di un lettore dovrebbe passare attraverso canali diversi da quelli tradizionali in qualche modo imposti dalla scuole.
Esistono letterature di cui la cultura ufficiale non si occupa, lo stesso NOIR è considerato un genere di serie B.
Bisognerebbe imparare a sdoganare la letteratura di genere: in Francia nessuno considererebbe Simenon un minore in quanto noirista.
D. Secondo lei, uno scrittore dilettante fa bene a rincorrere le sirene dei concorsi letterari online?
R. In alcuni casi sì, ma con criterio. Ce ne sono alcuni seri, altri molto meno.
Il mio primo editore ARPANet organizza concorsi semestrali che sono davvero un'ottima occasione per gli esordienti.
Anche il rifugio dell'esordiente, un sito a disposizione per chi decide di cimentarsi con la scrittura, fornisce parecchie indicazioni su come districarsi nell'universo dei concorsi letterari.
D. Crede nella validità dei cosiddetti "manuali" o "prontuari" di scrittura?
R. Camilleri dice che si impara a scrivere andando a "bottega da uno scrittore", dove per andare a bottega si intende leggere e praticare un determinato scrittore.
Parafrasando, si apprende a scrivere leggendo molto e scrivendo molto: poi è chiaro che ben vengano anche manuali e corsi di scrittura creativa, l'importante è approcciarsi alle cose senza presunzione, capire che da ogni situazione c'è qualcosa da imparare.
Anche Francesca Mazzucato una volta mi ha detto una cosa che mi ha colpito molto:
fino a quando riteniamo quello che leggiamo più importante di quello che scriviamo, abbiamo un rapporto sano con la nostra scrittura.
Umiltà: siamo tutti discepoli, nessuno è maestro.
D. Perché a suo avviso i lettori acquistano con interesse i suoi libri?
R. Scrittura semplice nella forma, ma complessa da un punto di vista emotivo.
Non scrivo NOIR convenzionali, a me interessa la testa dell'assassino.
Mi diverto a pensare come un criminale e ad analizzare la storia dal suo punto di vista.
Chi legge le mie storie aderisce alla causa della voce narrante, si cala in un personaggio diverso da quello che lui è.
La stessa cosa che faccio io mentre le scrivo.
E' un gioco di ruolo in cui diventiamo tutti ‘I cattivi’.
D. Ritiene che internet sia un valido mezzo per gli scrittori emergenti per mettersi in luce?
R. Certamente, anche se chi scrive ambisce sempre alla carta, ad arrivare a vedere i suoi racconti nelle librerie.
Internet è un buon strumento di supporto per promozionarsi, per acquistare visibilità.
Ci sono diverse occasioni per avere degli spazi che consentono di farci conoscere, ed è giusto, avendo questa opportunità, sfruttarli nel modo giusto.
Personalmente adoro internet.
D. Come ha fatto ad imporsi alle grandi case editrici?
R. Con pazienza e costanza.
Non ci si impone mai alle case editrice, è un lavoro lungo di contatti e anche di fortuna, non lo nascondo.
Le case editrici non hanno tempo di leggere tutto il materiale che ricevono, quindi riuscire a farsi notare è spesso un complicato e snervante gioco di relazioni.
D. Ci sono degli scrittori insieme ai quali lei discute di quello che scrive e soprattutto delle urgenze letterarie e non che ne sono all’origine?
R. A Bologna abbiamo la fortuna di avere un’ associazione scrittori presieduta da Carlo Lucarelli che ci consente di relazionarci tra noiristi e non solo, piccoli con i grandi, gente che scrive per hobby con chi la scrittura la pratica per lavoro.
Anche questi sono modi per andare a bottega dagli scrittori: più ci si confronta, più si affina la propria arte.
D. È difficoltoso trovare l’incipit e l’ispirazione giusta che dia vita ad un nuovo progetto letterario?
R. Di solito un'idea arriva in modo inaspettato. Mentre guidi, mentre fai la spesa.
Una volta scrissi un racconto che si chiamava ‘Il bidello’, perchè trovandomi in una scuola c'era uno in portineria che mi guardava in modo strano.
Lo immaginai un bidello serial killer che seguiva le studentesse per ucciderle.
Le idee sono così, ti colpiscono senza preavviso: uno le tiene lì, e se non riesce a liberarsene vuol dire che sono delle buone idee. Idee su cui vale la pena scriverci.
D. Qual è il libro che tiene sul comodino in questo periodo?
R. 'Il nome del porco' di Tusset e delle monografie di registi.
Più un manuale di scrittura: ‘Come scrivere un giallo’ di Patricia Highsmith.
D. Quali sono i temi più importanti delle sue storie?
R. Follia del quotidiano, la normalità come dimensione che tutti cerchiamo, ma dalla quale poi finiamo soffocati, i rapporti interpersonali, la difficoltà di adattarsi alle regole.
D. I suoi personaggi fanno uso della razionalità per confrontarsi con l’universo?
R. I miei personaggi sono poco razionali, sono emotivi, istintivi, pensano molto, ma mai alle cose giuste.
Sono degli sconfitti, persone che vivono la vita senza un giusto criterio. Disadattati, borderline. Gente che non ha capito come si sta al mondo e si comporta di conseguenza.
D. Progetti futuri?
R. Scritture, chiaramente. Un terzo libro già a buon punto, una sceneggiatura cinematografica a cui sto lavorando con Marco Limberti il regista di Love Bugs, e qualcosa su come insegnare ai ragazzi delle scuole ad amare la letteratura in ogni sua forma.

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